Per progettare un Logo Efficace, bisogna puntare tutto sulla Creatività e sull’Idea Geniale? Cosa è diventata la Creatività oggi giorno e che ruolo ha all’interno di un progetto di Design?
Potrei continuare con le domande ancora a lungo data la vastità dell’argomento. La maggior parte dei designers si definiscono “creativi” e guai a toccare quest’aggettivo. Ha lo stesso effetto di una bestemmia in Vaticano. Possibile che la Creatività nel Branding e nel Marketing sia diventata alla stregua di un precetto religioso che non si può contestare pena il rischio di diventare una sorta di “Giordano Bruno” del Design?
Personalmente mi sono sempre sentita a disagio con la parola “creatività”, non certo perchè io non sia una persona dotata almeno un po’ di fantasia e di senso estetico, ma perchè ho sempre sentito un certo vuoto di contenuto dietro l’autodefinirsi “designers creativi”.
Un’obiezione che mi fanno spesso è: ma se progettare un logo è qualcosa di scientifico, non si rischia che due designers applicando lo stesso metodo producano progetti simili se non uguali?
Quando la Creatività è al servizio del Design e non il contrario, due designers possono arrivare a concept simili (è comunque raro e non è detto sia una brutta cosa, se determinate idee vengono visualizzate in maniera simile è un dato importante da considerare nella comunicazione), ma la realizzazione difficilmente sarà la stessa. Se per esempio si decide di utilizzare un cigno come simbolo di un’azienda, come realizzare questo cigno sarà sempre oggetto di unicità fra due designers, che avranno idee diverse su che linee usare, che tratti sottolineare, se disegnarlo con le ali spiegate oppure in posa statica. Un cigno può comunicare cose molto diverse a seconda di come è disegnato. Si sceglierà allora quello che rappresenta il brand nel modo più potente, coerente e differenziante rispetto alla concorrenza.
Alcune persone nell’osservare delle regole per realizzare un progetto si sentono bloccate nella loro Creatività e questo nasce a parer mio da un’incomprensione profonda di questa parola che tra l’altro oggi giorno non assicura alcuna originalità di esecuzione, ma è più che altro un’etichetta omologante. Parlare di Logo Design come Scienza invece che come Arte risulta ancora un tabù.
Un vero e proprio Lato Oscuro si nasconde dietro la parola Creatività, dietro questo mito abusato e giovanilistico in cui siamo cresciuti inseguendo una romantica “idea geniale” che arriva all’improvviso come SpiderMan e risolve sempre tutti i problemi. Quella che ci deve far finire pubblicati sui libri di design, come se quello fosse l’obbiettivo. Molti designers, me per prima, sentono da molto tempo che qualcosa è andato storto, che uno strumento che avrebbe dovuto essere utile a trovare nuove soluzioni a problemi di design e a salvaguardare l’unicità dei progetti è diventato un dito dietro cui nascondere le proprie lacune di progettazione o la valvola di sfogo attraverso cui esprimere se stessi.
Negli ultimi anni non si contano più i loghi che fanno a gara d’incomprensibilità, tutti “creativi” ma simili fra loro, anche e soprattutto nei loghi di grandi aziende. E’ pur vero che spesso anche il cliente ci mette del suo, ma se il fenomeno è globale, forse dobbiamo farci un esame di coscienza.
Dal canto mio ho estrapolato dal processo di lavoro sviluppato in oltre 9 anni di dura e costante pratica, 3 elementi fondamentali a cui prestare attenzione nella progettazione di un logo.
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Non cominciare il progetto cercando subito l’idea geniale basata sulla creatività
Munari diceva: Il metodo progettuale non è altro che una serie di operazioni necessarie, disposte in un ordine logico dettato dall’esperienza. Munari non era forse un innovatore e un “creativo” nel vero senso del termine? Eppure ci teneva molto a distinguere l’artista dal designer e il progettista romantico dal progettista professionista. Creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo. Il metodo e un approccio prima di tutto logico, ti permettono di progettare evitando tutti quegli errori e quelle perdite di tempo dovute al fatto di affidarsi unicamente all’intuizione creativa. Il metodo progettuale espresso nel libro “Da cosa nasce cosa” è composto di 7 fasi e la Creatività si trova solo nella fase n.6 e non oltre quella. La Creatività è necessaria nel momento in cui si deve trovare una soluzione nuova ma efficace ad un dato problema di design e tiene conto di tutte le operazioni precedenti che seguono l’analisi dei dati (ed è da lì che si comincia a progettare!).
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Non cercare di esprimere te stesso
Tu designer, (ma anche tu cliente del designer!) non sei l’obbiettivo di un progetto di Logo Design. Il Logo deve rappresentare il posizionamento del Brand ma soprattutto connettersi emotivamente al target che si deve colpire, attirarne l’attenzione, essere memorabile e di significato per la nicchia specifica a cui ci si rivolge. Le abilità del designer (così come il gusto personale del committente) devono servire questo scopo il più possibile.
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Usa entrambi gli emisferi del cervello, logica ed emozione, verbale e visivo
Ho visto creatività che nello sforzo di risultare “originali” e senza precedenti riuscivano quasi a privare del tutto l’immagine della sua naturale potenza emotiva. A volte (molte) la creatività è diventata un gioco mentale freddo e distaccato, che può rivolgersi forse alla mente ma non certo al cuore. Il risultato di molti design “creativi” è la confusione, una confusione estetica, ma pur sempre confusione. Il modo in cui noi umani vediamo, interpretiamo e “sentiamo” le immagini è un meccanismo raffinato, con molte sfumature, tuttavia lo si può studiare partendo dalle neuroscienze e dalla psicologia e applicando queste nozioni al branding e al marketing. Un logo che funziona non è frutto “della fortuna” o dell’intuizione divina del designer, ma è frutto di un metodo e di un ragionamento finalizzato a progettare e selezionare la migliore combinazione di segni, simboli e immagini per ottenere il risultato voluto e suscitare determinate connessioni emotive.
Alla luce di queste riflessioni credo che i tempi siano maturi per mettere in discussione il precetto religioso della Creatività a tutti i costi, che ha fatto perdere di vista le differenze fra artisti e designer, fra comunicatori e “creativi”. Io sono più che pronta a giocare in questa partita il ruolo della “ribelle del design”.
E tu?